La triste parabola del calcio a Livorno speculare alla triste parabola della citta' ( di Vito Borrelli )

 Pur senz’essere tifosi sfegatati, pare interessante l’analisi della triste parabola del calcio locale, perché in essa riscontriamo la parafrasi dei tanti vizi d’una certa mentalità livornese.

Oggi peraltro il giornalista del Tirreno espone la sua strategia sempliciotta con cui garantire il successo: ingaggiare un direttore sportivo di livello assoluto, un allenatore in grado di vincere il campionato, e per i giocatori idem con patate. 

Che, logicamente, costitusce una tautologia.

Leggendo tra le righe, è come dire: Joel Esciua frugati sennò levati di culo.

(si noti come quel giornale sia diventato la clava dei desiderata di qualcuno, con cui ha prima bastonato il festival dell’umorismo al Goldoni, e ora fa la guerra al Presidente del Livorno calcio)

E tuttavia non credo che funzioni così. La formazione da schierare in campo arriva per ultima, a nessuno può esser richiesto di dissanguarsi senz'alcuna previsione di ritorno apprezzabile. 

E allora fissiamo alcuni punti fermi, che derivano da concetti che hanno portata generale.

1. La situazione calcistica rispecchia fedelmente lo stato di salute complessivo d’un territorio. Nel senso che v’è correlazione tra flussi d’investimenti diretti allo sport locale e presenza d'opportunità d’affari, che a Livorno si concentrano essenzialmente nel traffico portuale.

La serie D del calcio corrisponde dunque alla serie D economica nella quale milita l’intera città, e nessun soggetto finanziario, locale o di foravia, ne risulta attratto. 

Occorre esser realisti e rassegnarsi.

2. Non è credibile immaginarsi una bella squadra se la Società non è adeguatamente strutturata, se non possiede sedi, impianti, patrimoni, teams organizzativi, logistica, vivai, relazioni, sostegni, sponsorizzazioni, reti commerciali; se non svolge attività collaterali, socialmente utili, che la intreccino intimamente con la città tutta.

Occorre un gran lavoro ricostruttivo, con importanti  investimenti di lungo periodo, e non mordi e fuggi com'è accaduto per il presidente prima d'Esciua. 

Gli sportivi dovranno aver la pazienza di sopportare la traversata del deserto prima di godere dei risultati sperati.

3. La tifoseria non può totalmente identificarsi nella fede ultras, caratterizzarsi col pensiero politico estremista, rappresentarsi nelle forme radicali, a volte persino violente. 

È un tipo di presenza che allontana tutte le altre, dei giovani, delle famiglie, delle persone tranquille, di coloro che, non aderendo all'ideologia reclamata nelle curve, rinunciano all'evento sportivo che da quella è monopolizzato.

Il calcio labronico s'avvia in tal modo a diventare un fenomeno di nicchia, soppiantato da altri spettacoli, come il basket, che garantiscono la passione e il tifo senz'altri generi d'implicazioni non graditi.

VITO BORRELLI


Commenti