‘Il Livorno siamo noi’ è l’ultimo rendering virtuale con cui questa triste Amministrazione ha cercato di mascherare i suoi fallimenti reali.


Perché la prima e principale realtà virtuale è il Livorno stesso, una società inconsistente priva d’elementi strutturali, fondata su un marchio e la passione di sempre meno tifosi. 

Ma priva d’alcunché che la rassomigli a una società di calcio, finanche d’un campetto su cui allenarsi.

E su tale nullità un signore ch’è apparso più un piazzista che un esperto calcistico, ha voluto chiamare a frugarsi, a fondo perduto, i cittadini di Livorno, esibendo l'abilità retorica più che la tecnica organizzativa e finanziaria.

Ha evocato l'appassionata adesione d'un popolo virtuoso ai valori etici d'un emblema cittadino, essendo cultore della pratica collegiale e destinatario d'una maggioranza nel CdA ragalata da uno stuolo d'ardenti finanziatori che si spogliano delle loro prerogative.

Tutta fuffa. 

Col sostegno spasmodico del Tirreno e la complicità del Comune, che ha messo a disposizione il Teatro Goldoni al fine d’alimentare la suggestione e di sprigionare l’ipnosi.

E l’evidente avversione dell’attuale proprietario, che ha investito nel rilancio della squadra e intende portarlo a compimento.

Insomma, ciarlataneria a scopo pre-elettorale.

Ma la bolla è scoppiata ben prima dell’8 giugno, le delusioni sono lievitate troppo presto, i livornesi non sono poi così sprovveduti.

Ora cercheranno di mandare in archivio la scriteriata iniziativa con una prolungata dissolvenza finale.

VITO BORRELLI


Commenti